ISSN 2785-4086
21/05/2023
Editoriale

Editoriale

Maria Agostina Cabiddu (*)

L’eccessiva durata dei processi costituisce una delle principali criticità del “sistema Italia”, con significative ricadute sotto il profilo della competitività, degli investimenti, del costo del debito e, più in generale, del grado di civiltà complessiva del Paese, posto che – secondo quanto affermato dal giudice delle leggi -, «[l]a ragionevole durata è un connotato identitario della giustizia del processo» (Corte costituzionale, sent. n. 74/2022).

Piccola storia e stato dell’arte dell’innovazione nella giustizia (*)

Claudio Castelli (**)

Abstract: La giustizia italiana ha vissuto negli anni 2006 – 2014 una grande stagione di innovazione con progetti lanciati e almeno in parte realizzati, come il PCT, l’Ufficio per il Processo, il progetto Strasburgo, accompagnata dalla realizzazione di partnership a livello locale. Si è avuto un fermento ed una disponibilità a cambiare diffusa, sia pure a macchia di leopardo, in tutta Italia. Per la prima volta il Ministero, anche a causa delle ristrettezze di bilancio, non era più in grado di fornire personale e servizi agli uffici giudiziari, che quindi sviluppavano idee e progetti autonomi. Il progetto Best practices, pur nato da un impulso ministeriale e vincolato ad assi di realizzazione, ha dato ulteriore stimolo alla voglia di fare e alla creatività dei diversi uffici. Questo periodo finisce per consunzione naturale, per cambiamento dei soggetti che erano stati protagonisti, ma anche per la sua istituzionalizzazione in quanto i diversi progetti venivano accolti e recepiti in leggi dello Stato. Oltre a ciò vi è una ricentralizzazione in capo al Ministero della Giustizia anche dei fondi europei ed una nuova normativa che subordina all’autorizzazione ministeriale le convenzioni con altri soggetti da parte di uffici giudiziari, con la conseguenza di disincentivare le iniziative autonome. La fase attuale è caratterizzata dai progetti legati al PNRR: - l’Ufficio del processo, che comporta la possibilità di adottare nuovi moduli organizzativi, superando il modello del giudice monade, - il PON governance che crea un rapporto con le università, - l’assunzione di personale tecnico a tempo determinato destinato gli uffici giudiziari. Questa forte innovazione ha incoraggiato nuovi modelli organizzativi, differenti a seconda degli uffici e dei settori, ed una nuova stagione progettuale. E’ però sinora mancato un coordinamento ed una cabina di regia nazionale capace di informare, monitorare, diffondere le esperienze virtuose. E’ poi preoccupante che questi progetti stati tenuti del tutto estranei ai piani di digitalizzazione del Ministero della giustizia, che il ministero sempre più gestisce senza interlocuzione con gli uffici giudiziari. Le scelte di digitalizzazione non sono neutre o puramente tecniche, ma devono confrontarsi con la realtà dei palazzi di giustizia.

Ufficio per il processo e modelli organizzativi nelle sezioni della Corte d’Appello di Milano

Giancarlo Vecchi (*)

Abstract: La lunghezza dei processi e l’ammontare dell’arretrato, specie nel settore civile, costituiscono un problema del sistema giudiziario italiano ampiamente sottolineato da istituzioni nazionali, dagli organismi dell’Unione Europea e da organizzazioni internazionali, oltre che dalla stampa e dal dibattito accademico. Per affrontarlo, sono stati proposte modifiche normative orientate alla semplificazione dei procedimenti giurisdizionali; nello stesso tempo, l’attenzione è stata diretta all’organizzazione degli uffici giudiziari, poiché costituisce uno dei fattori rilevanti che condizionano i tempi di gestione e conclusione delle diverse fasi procedimentali. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza contiene un ampio programma di riforme del settore, con interventi di innovazione organizzativa, tra cui il rafforzamento del cosiddetto Ufficio per il processo attraverso il reclutamento di un numero rilevante di assistenti per supportare l’attività di giudici e cancellerie. Questo contributo presenta le modalità attraverso cui questo intervento è stato attuato presso la Corte d’Appello di Milano e analizza i diversi modelli organizzativi attraverso cui questo nuovo personale è stato gestito. Ne deriva una lezione importante per il sistema giudiziario, poiché fa emergere l’esigenza non solo di nuovo personale ma anche e specialmente di competenze manageriali da parte dei magistrati con compiti direttivi, per utilizzare al meglio queste risorse.

Ufficio per il processo: un modello “one to one temperato” come fattore di efficienza

Giulia Brugnerotto (*)

Abstract: Il reclutamento degli addetti all’Ufficio per il processo ha reso concrete le previsioni normative, impegnando però i Tribunali a dare senso e prospettiva organizzativa alla presenza di nuove figure professionali. Un modello organizzativo proposto – e criticato – è stato quello “one to one” che prevede un rapporto diretto ed esclusivo tra un addetto e un magistrato. Il sintetico esame di un’esperienza concreta mostra la possibile applicazione come fattore di efficienza di un modello “one to one temperato” da alcuni significativi elementi di condivisione delle attività.

Le prospettive del nuovo processo e gli interventi organizzativi a garanzia di un'effettiva tutela della persona di minore età

Maria Carla Gatto (*), Emanuela Accarpio (**)

Abstract: A fronte della disamina di alcuni aspetti, non sempre positivi, derivanti dall’avvio anticipato al 28 febbraio 2023 del procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie ex D.lgs. n 149/2022, che aggrava le difficoltà in cui operano i Tribunali per i Minorenni, privi di un’adeguata digitalizzazione, con il problema antico del sottodimensionamento e delle scoperture dell’organico, l’articolo prova a delineare le misure organizzative e gestionali che possono scongiurare la paralisi del sistema giustizia a protezione del minore, che sembra ad oggi ben lontano dal raggiungere le finalità di accelerazione della durata dei procedimenti e di abbattimento dell’arretrato che la sopra indicata legge si prefigge.

Comunità energetiche rinnovabili ai blocchi di partenza. Riflessioni sul quadro interno di attuazione

Enrico Giarmanà (*)

Abstract: Il passaggio dal regime transitorio di cui all’art. 42bis del D.L. 162/2019 alla normativa che traspone le Direttive UE REDII e IEMD ha aperto la strada per nuovi scenari di sviluppo di una generazione distribuita di energia da fonti rinnovabili. Il quadro di recepimento interno, oramai in fase di completamento dopo la pubblicazione da parte di ARERA del Testo Integrato Autoconsumo Diffuso (TIAD), consente oggi di valorizzare l’autoconsumo e la condivisione di energia rinnovabile tramite un variegato ventaglio di configurazioni, organizzando la produzione ed il consumo di energia in forma individuale e collettiva. L’ampliamento del perimetro di rete all’interno del quale sono ora riconosciuti gli effetti e i benefici associati all’autoconsumo in situ di energia rende più complessa la scelta della configurazione che più di tutte è in grado di rispondere ai bisogni dei partecipanti. A seconda della tipologia di iniziativa, le CER potrebbero non più costituire lo strumento più adatto nel caso di pluralità di soggetti interessati a condividere energia. In aggiunta, le deroghe al regime ordinario recentemente entrate in vigore hanno sensibilmente allargato l’ambito di azione delle CER, facendo sorgere ulteriori interrogativi in termini di compliance con la cornice europea. Il presente contributo prende di mira alcuni dei nodi interpretativi venuti fuori dal quadro di attuazione della normativa europea, soffermandosi in modo particolare sulle principali questioni che sembrano destinate a suscitare l’interesse degli interpreti della materia.

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